Su di me? Mirini, emozioni, attese, magia, speranza e studio: queste le parole chiave della mia vita e quando le ho digerite e comprese nel profondo, ho avuto il coraggio di aprire il mio zaino e tirare fuori la mia macchina fotografica e congiungerle tutte in uno scatto fotografico.
Ho tramutato così l’amore sfrenato per la natura, per i suoi colori, per i suoi suoni e per le infinite emozioni che riesce a regalare un paesaggio, nella mia passione per la fotografia che mi accompagna da moltissimi anni.
Ho studiato… certo tutte le nozioni tecniche, teoriche e pratiche del mondo fotografico, ma prima di tutto questo, me stesso, tirando fuori le sensazioni nel mio profondo in un’intima solitudine , imparando a socializzare con il tempo, specialmente quello delle attese: quel frangente che riusciva a fare di me una notte stellata, un prato fiorito, una montagna pennellata di neve soffice e che non appena riuscivo a scorgere attraverso il mirino, restituiva ai miei respiri la magia che andavo cercando nella vita, e a chi poi ammirava i miei scatti, l’emozione di un luogo che unisce chi lo vive fisicamente e chi lo contempla attraverso una fotografia.
Accorgersi di riuscire a fare questo, ossia emozionare attraverso uno scatto, è stato l’input principale per mollare tutto il resto e incontrarmi finalmente con me stesso e quel mondo che, da tutta la vita avevo osservato dagli angoli in silenzio e compostezza e che d’un tratto pareva un’onda: voleva comunicare in un linguaggio che faceva a meno delle parole, ma utilizzava la magia emozionale come tavola da surf, sul scintillio delle prime stelle sull’acqua blu.
Ed io sentivo il vento delicato sulla faccia, in quella morsa celeste che placava il resto, al di fuori di me. Posseduto dall’irrealtà e incantato dalla bellezza ascoltavo e mi lasciavo guidare dal mondo. Era lui che mi prendeva per mano e mi conduceva nei miei viaggi a cristallizzare un attimo del tempo in un eterno istante, e a raggruppare un insieme di sentimenti che riuscivano, improvvisamente, ad essere condivisi con chiunque fosse disposto a farli propri.
Lì in bilico, dopo lunghe camminate e scalate, qualche volta rischiando un po’ , in attesa della poesia di un momento unico che avevo imparato a catturare… lì a sperare.
La speranza conduce più lontano della paura sempre, mette le sue radici nella roccia e io non ho più smesso di cercare, attendere e scattare: in un tempo in cui la vita spesso ci opprime, mi basta un istante a salvarmi e a essere felice.
E quando ho imparato a fare questo, attraverso la fotografia, ho voluto iniziare a insegnarlo. E a quanti mi chiedono “perché dovrei fare un fare un corso fotografico?” io rispondo che “Non basta saper guardare il mondo ma serve anche vederlo ed è quello che ho imparato a fare io, in tutti questi anni, con tanta pazienza e dedizione”.
Il mestiere di fotografo è un viaggio straordinario!